Passa ai contenuti principali

Il bambino che eri cosa penserebbe di te?

Sono rientrata su questo blog dopo mesi di silenzio e altrettanti di post inutili e impersonali. Solite scuse: troppo da fare, troppo poco da dire, niente di interessante da scavare. Riguardando i vecchi post c'era una nota in bozza. Un post senza neanche titolo con una sola frase dentro "Il bambino che eri cosa penserebbe di te?". Ricordo esattamente quando lo scrissi. Ero in auto e alla radio parlavano di una campagna con questo tema. Subito ho pensato "wow, dovrei rifletterci e spararci un post su". Ho accostato (nel caso la polizia stradale dovesse mai leggere questo post lo ripeto e sottolineo: ho accostato) l'auto, preso il cellulare e lasciato questa nota tramite l'app. Da allora l'ho letta e riletta ogni volta che entravo per scrivere un qualsiasi post. Ogni volta una fitta al cuore e nessuna voglia di combattere contro questa domanda. Perché la verità è semplice.

La bambina che ero mi odierebbe.

Anche se che mi conosce oggi non lo direbbe, tra i sei e i dodici anni ero una bambina piena di cuoricini e sogni, cresciuta a gif con cuoricini scintillanti e cartoni animati. Avevo un quadro molto roseo per la mia vita futura: un ragazzo fantastico (alias Brian Littrell dei Backstreet Boys), una carriera da professoressa, una vita da riccona, una casa con piscina. 
Crescendo ho imparato a rimodulare i miei sogni, a sognare qualcosa di più forte, di più importante. Di più impossibile. A quindici anni ho deciso di combattere tutto quello che mi stava attorno, a imbarcarmi in qualsiasi lotta mi si presentasse. E alcune le ho anche vinte.

Solo che erano le guerre sbagliate.

Ho qualche trofeo sulla mia bacheca invisibile, ma a che prezzo? 

Invece di essere sempre più felice e sempre più forte, non mi rendevo conto di essere diventata dipendente da quelle stupide lotte insignificanti, tanto da iniziare a perdere poco alla volta tutto quello che credevo di essere. Sono diventata sempre più piccola, sempre più insicura. Più diventavo piccola, più mi aggrappavo a stupide cose che credevo mi regalassero equilibrio mentre non mi accorgevo di camminare su una trave che si assottigliava sempre di più.

Finché sono caduta.

Guardiamo il lato positivo. Quando tocchi il fondo, puoi solo risalire. 
Altro lato negativo in arrivo. Per risalire dal fondo di un fosso, devi arrampicarti, sforzarti, sudare e sporcarti le mani. Che equivale a dire che devi cambiare. E cambiare fa paura. Meno di continuare a fingere di essere un adulto equilibrato, quando sai esattamente che sei l'esatto contrario. Un ammasso di ciccia e atteggiamenti ossessivo-compulsivi per cercare di zittire i campanello d'allarme del tuo inconscio che occupa ogni istante libero con hobby vari ed eventuali tramite cui si incammina della strada verso l'ospedale psichiatrico mentre la sua sè-bambina scuote la testa incredula.

E mi dispiace averla delusa finora.
Tantissimo.

Dai, piccola, non mollare.
Magari riusciamo a farcela.



Commenti

Post popolari in questo blog

Ma che c'ho scritto Giocondo in fronte?

Mi sono sempre chiesta da dove venisse questo detto. L'ho sempre collegato alla Monna Lisa con quel sorrisetto un po' scemo in faccia. Ho scoperto di non essermi allontananta troppo dalla realtà. In effetti il detto viene dal significato della parola "giocondo" in Toscana che identifica una persona sciocca. Tradizionalmente, il detto si applica a chi ha la reputazione o che si dimostra pocoo furbo, un fessacchiotto che si può facilmente raggirare. Io, però, ho sviluppato una nuova frontiera in questo campo, sono salita di livello, ho innalzato la sua qualità. In parole povere e spicciole, io non ho "giocondo" scritto in fronte, no. Io cammino da quasi trentanni con un cartello di 4 metri quadre appeso al collo con una scritta lampeggiante in font-size 180 che recita all'incirca " Cercasi Bidone " (la prima versione della scritta era troppo volgare per essere pubblicata, vi dico solo che si basava sulla richiesta di essere impalati per orifizi ...

Mi dispiace ma non sei un geco.

Avete mai visto un geco ? Io sì, sfortunatamente! I gechi sono una famiglia di piccoli rettili (orribili) che vivono in ambienti caldi. La loro particolarità? La capacità di aderire ad ogni tipo di superficie . Le loro zampe, infatti, possono aderire a una grande varietà di superfici, senza la necessità di usare secrezioni adesive. Le piccole setole che si trovano nella parte inferiore delle (odiose) zampette, riescono ad interagire con le molecole delle superfici senza coinvolgere liquidi nè gas. Ogni zampa ha più di 14.000 setole per millimetro quadro, esse a loro volta si diramano in una serie di sottili estremità larghe solo 0,2 mircocentimetri ( circa 2.000 volte meno di un nostro capello ). Riescono per questo ad aderire a qualsiasi superfice (tranne il teflon ). Ma perchè sono qui a parlarvi ddi odiose zampe di animaletti schifosi? (non si offendano gli animalisti: anche io amo gli animali, ma questi sono proprio brutti!). Perchè questa caratteristica del geco di c...

#Serialize - 7 - Chi ha ucciso Hannah Baker?

Una sola avvertenza: spoiler in arrivo. Adesso, dritti al punto. Tredici (originariamente,13 Reasons Why) è una serie statunitense del 2017 creata da Brian Yorkley basata sul romanzo 13 dello scrittore Jay Asher​. Finora (e speriamo anche in futuro, ma di questo discuteremo in seguito) ne esiste una sola stagione di (guarda caso) 13 puntate da circa 50 minuti l'una: dieci ore circa, poco più di una notte insonne.  La trama, per quanto agghiacciante, è semplice da raccontare. Hannah Baker si è suicidata, gettando i genitori nello sconforto e creando nella sua scuola il tipico allarmismo di quando si cerca di "fare in modo che non ricapiti a nessun altro". In questo clima di ipocrisia e vera tristezza, Clay trova un pacco sulle scale di casa. All'interno sette cassette registrate da Hannah in cui la ragazza spiega i tredici motivi che l'hanno spinta a uccidersi, ognuno identificato con una persona che ha malamente intrecciato il suo cammino. Un macabr...