Durante i corsi di fotografia, solitamente viene insegnata un principio base che aiuta a relazionarsi meglio con le arti visive e a creare dei prodotti di qualità, siano esse fotografie, video o lungometraggi (animati e non). Il principio base è di dosare in modo appropriato il calore per trasmettere in modo più preciso le emozioni che desideri far passare. Sì, il calore non il colore. O meglio, il calore del colore. La temperatura del colore è facilmente spiegata da un esempio banale: il fuoco è rosso, il ghiaccio è azzurro. Tutti i colori che virano all'azzurro o hanno una forte composizione azzurro/blu sono freddi, mentre i colori che invece virano al rosso/arancione/giallo sono colori caldi. Solitamente i primi vengono utilizzati per esprimere o imprimere in chi guarda sensazioni placide, calme, perfino tristi e solitarie, mentre i secondi trasmettono emozioni e sensazioni forti, d'impatto.
Ecco, perché tutto questo giro immenso di parole inutili, vi starete chiedendo?
Elementare, Watson!
In realtà è piuttosto banale, ma volevo condividere con voi quello che è stato un pensiero fisso durante l'intera attesa dell'arrivo di Coco, ultimo capolavoro Disney Pixar (più Pixar che Disney in questo caso...). Sia la locandina che il trailer erano pieni zeppi di questi fortissimi e bellissimi colori accessi e caldi, tutto verteva sui toni dell'arancione e dell'oro! Perfino i personaggi, essendo messicani, spiccavano con la loro pelle dai sottotoni gialli ...sì, perfino gli scheletri avevano richiami caldi nei loro colori! Tutto questo mi ha riempito fin dall'inizio di curiosità. Pesando nella mia memoria non ricordavo di aver mai visto un film Disney Pixar così "caldo" e questo mi portava a voler sapere se avessero scelto questi colori pensando alla teoria del colore!
Beh, non posso essere sicura al 100% che abbiano fatto esattamente il ragionamento che vi ho esposto ad apertura del post anche se dubito che i tecnici/designer/grafici/animatori Disney Pixar non conoscano queste basi... le conosco io, figuriamoci loro! Fermo restando ciò, non posso essere sicura al 100% del motivo delle loro scelte, ma sono sicura del risultato:
Coco è da brividi!
Più Pixar che Disney dicevo prima. Anche stavolta si tratta di un film lontano dagli standard fiabeschi dei classici Disney che punta a colpire i più piccoli facendo sorridere e affezionare i più grandi, mentre prevale lo spirito "controverso" della Pixar che punta sì a intrattenere i piccoli ma toccando in realtà corde molto profonde del mondo più adulto. Nel caso di Coco questo si sente ancor di più che negli ultimi casi simili, Zootropolis ed Inside/Out per intenderci. Nonostante sia più musicale di questi ultimi, in questo caso la musica non è usata alla Oceania o alla Frozen (non dite che non avete mai cantato Let it go a squarciagola, non vi crederei!), ma è parte integrante della trama e della storia.
Miguel, infatti, desidera più di ogni altra cosa diventare un musicista. Lo desidera al punto che decide di mettersi contro la sua famiglia che ha bandito completamente la musica da quando il trisavolo del piccolo Miguel ha abbandonato la moglie e la figlia (Coco, appunto) per andare in tournée. Durante el Día de Muertos, festa dei defunti della cultura messicana, per motivi e con dinamiche che non voglio spoilerare, Miguel si ritrova catapultato nel coloratissimo (e stranamente vivissimo) regno dei morti dove avrà inizio la sua avventura.
Fin qui tutto regolare.
Cos'è allora che rende Coco tanto forte e commovente?
Non è semplice spiegarlo senza dire di più della trama. Miguel parte nella sua avventura lasciandosi alle spalle la famiglia, disposto a esserne escluso se questo sarà il prezzo da pagare. Ma la sua ricerca gli farà capire qualcosa di molto importante, cosa c'è di più prezioso. Scoprirà sé stesso comprendendo le proprie origini, che non è tutto oro ciò che luccica e che a volte la verità non è così semplice come si pensa. Più importante ancora, capirà l'importanza di ricordare per tenere sempre vivi dentro di noi gli affetti più cari anche quando non ci sono più.
Perché una delle immagini più forti che il viaggio porta a Miguel è la morte dei morti. Colorando la tradizione messicana, infatti, ci viene presentata una rigidissima dogana che permette ai morti di rivedere i loro parenti vivi solo finché questi li ricordano ponendo le loro foto sulle offriende (tavoli imbanditi di cibo e regali). Se la loro foto non è su una offrienda non possono varcare il confine e, cosa peggiore, il loro ricordo inizia a svanire. Nel momento in cui nessuno si ricorda più di loro tra i vivi, quando nessuno tramanda le loro gesta o racconta di loro, questi scompaiono definitivamente. Muoiono una seconda volta. E questa è una verità davvero forte! Forse troppo per un bambino. Forse troppo per lo stesso Miguel, specialmente se questo destino è riservato a qualcuno a lui molto vicino...
Piangere non sarà un'opzione ma piuttosto una naturale conseguenza.
Ecco, perché tutto questo giro immenso di parole inutili, vi starete chiedendo?
Elementare, Watson!
In realtà è piuttosto banale, ma volevo condividere con voi quello che è stato un pensiero fisso durante l'intera attesa dell'arrivo di Coco, ultimo capolavoro Disney Pixar (più Pixar che Disney in questo caso...). Sia la locandina che il trailer erano pieni zeppi di questi fortissimi e bellissimi colori accessi e caldi, tutto verteva sui toni dell'arancione e dell'oro! Perfino i personaggi, essendo messicani, spiccavano con la loro pelle dai sottotoni gialli ...sì, perfino gli scheletri avevano richiami caldi nei loro colori! Tutto questo mi ha riempito fin dall'inizio di curiosità. Pesando nella mia memoria non ricordavo di aver mai visto un film Disney Pixar così "caldo" e questo mi portava a voler sapere se avessero scelto questi colori pensando alla teoria del colore!
Beh, non posso essere sicura al 100% che abbiano fatto esattamente il ragionamento che vi ho esposto ad apertura del post anche se dubito che i tecnici/designer/grafici/animatori Disney Pixar non conoscano queste basi... le conosco io, figuriamoci loro! Fermo restando ciò, non posso essere sicura al 100% del motivo delle loro scelte, ma sono sicura del risultato:
Coco è da brividi!
Più Pixar che Disney dicevo prima. Anche stavolta si tratta di un film lontano dagli standard fiabeschi dei classici Disney che punta a colpire i più piccoli facendo sorridere e affezionare i più grandi, mentre prevale lo spirito "controverso" della Pixar che punta sì a intrattenere i piccoli ma toccando in realtà corde molto profonde del mondo più adulto. Nel caso di Coco questo si sente ancor di più che negli ultimi casi simili, Zootropolis ed Inside/Out per intenderci. Nonostante sia più musicale di questi ultimi, in questo caso la musica non è usata alla Oceania o alla Frozen (non dite che non avete mai cantato Let it go a squarciagola, non vi crederei!), ma è parte integrante della trama e della storia.
Miguel, infatti, desidera più di ogni altra cosa diventare un musicista. Lo desidera al punto che decide di mettersi contro la sua famiglia che ha bandito completamente la musica da quando il trisavolo del piccolo Miguel ha abbandonato la moglie e la figlia (Coco, appunto) per andare in tournée. Durante el Día de Muertos, festa dei defunti della cultura messicana, per motivi e con dinamiche che non voglio spoilerare, Miguel si ritrova catapultato nel coloratissimo (e stranamente vivissimo) regno dei morti dove avrà inizio la sua avventura.
Fin qui tutto regolare.
Cos'è allora che rende Coco tanto forte e commovente?
Non è semplice spiegarlo senza dire di più della trama. Miguel parte nella sua avventura lasciandosi alle spalle la famiglia, disposto a esserne escluso se questo sarà il prezzo da pagare. Ma la sua ricerca gli farà capire qualcosa di molto importante, cosa c'è di più prezioso. Scoprirà sé stesso comprendendo le proprie origini, che non è tutto oro ciò che luccica e che a volte la verità non è così semplice come si pensa. Più importante ancora, capirà l'importanza di ricordare per tenere sempre vivi dentro di noi gli affetti più cari anche quando non ci sono più.
Perché una delle immagini più forti che il viaggio porta a Miguel è la morte dei morti. Colorando la tradizione messicana, infatti, ci viene presentata una rigidissima dogana che permette ai morti di rivedere i loro parenti vivi solo finché questi li ricordano ponendo le loro foto sulle offriende (tavoli imbanditi di cibo e regali). Se la loro foto non è su una offrienda non possono varcare il confine e, cosa peggiore, il loro ricordo inizia a svanire. Nel momento in cui nessuno si ricorda più di loro tra i vivi, quando nessuno tramanda le loro gesta o racconta di loro, questi scompaiono definitivamente. Muoiono una seconda volta. E questa è una verità davvero forte! Forse troppo per un bambino. Forse troppo per lo stesso Miguel, specialmente se questo destino è riservato a qualcuno a lui molto vicino...
Piangere non sarà un'opzione ma piuttosto una naturale conseguenza.
La colonna sonora non poteva che intitolarsi... Ricordami...
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