Ti vorrei insegnare l'equilibrio
Sopra un mare che è sempre tempesta
Per vivere il tuo tempo
E starci bene dentro
Così cantava Piero Pelù nel 1999. Certo, citare una canzone uscita ormai vent'anni fa non è proprio il massimo, ma forse il fatto che la prima cosa che mi sia venuta in mente davanti a questo foglio bianco sia qualcosa del passato conferma esattamente quello di cui sto per parlare.
Da quando è iniziata la mia "vita adulta", cioè da quando dopo la laurea ho iniziato a lavorare e allontanarmi sempre di più dal mio vecchio stile di vita spensierato, mi sono trovata spesso nella situazione di non riuscire a vivere il mio presente. Dopo tutto, per mia stessa indole, non sono ben predisposta per le novità. Basti pensare che le mie due playlist più ascoltate su Spotify sono quella delle soundtrack Disney e quelle una piena di grandi cantanti della vera musica italiana di un tempo...
In questo periodo, però, la sensazione si acuita moltissimo. A peggiorare le cose c'è stato anche il ritrovamento di un vecchio hard disk contenente niente meno che le conversazioni su MSN più "care" che ho deciso di conservare.
Sì, avete capito bene. MSN. Roba che se lo dico ad uno di vent'anni (età che avevo io all'epoca di quelle conversazioni) mi guarderebbe storto. Me la immagino già la sua prima domanda: "ma sto MSN c'è su Netflix?".
Mi sono sempre definita una nostalgica, ma in realtà sono una di quelle persone che vive nel suo passato e del suo passato. Sono attaccata in modo ossessivo compulsivo a tutte quelle esperienze, molte delle quali completamente nuove all'epoca per me, e ne ricerco l'emozione con dipendenza.
Allora, come sempre fanno i (non-più-così)giovani della mia generazione, ho cercato la soluzione. Che poi la soluzione nel nostro caso era sempre la stessa: ignorare il problema e voltarsi dall'altra parte.
Eppure io sono sempre stata una che dei propri problemi ha voluto scoprire la causa.
Quasi sempre per ignorarla meglio. Molto spesso per autocommiserarmi nel "povera me, ovvio che sto male, guarda che cosa mi hanno fatto.
Oggi, con un po' di maturità in più, l'ho ricercata per cercare di mettere un freno a tutto questo perché non ho nessuna intenzione di diventare una di quelle persone che rimangono bloccate alla loro era degli 'enti' e non riescono più a farsi una vita e a godersela come la loro età richiede e permette.
Quindi mi sono seduta davanti al dottor-psicologo-confidente Mr. Google e ho cercato le tre parole che mi spaventano in questo periodo: vivere nel passato.
Il primo risultato è stato un blog di medicina con un posto sull'attaccamento al passato in cui si citava il mito di Orfeo ed Euridice.
Ade concesse ad Orfeo di riportare la sua amata Euridice con sé fuori dagli inferi. Solo un vincolo c'era: Euridice doveva seguirlo lungo la strada buia degli inferi e lui non doveva mai voltarsi a guardarla prima di arrivare nel mondo dei vivi. Quando erano ormai vicini alla superficie, Orfeo è sopraffatto dal timore che Euridice si perda, perciò infrange il divieto e si volta. Immediatamente la donna è risucchiata nuovamente agli inferi e Orfeo la perde per sempre...
Iconico, no?
Cosa è che, nonostante la consapevolezza di essere sulla strada della felicità, che lei è lì a pochi passi, ci costringe a voltarci? Siamo rimasti aggrappati a quello che eravamo, che abbiamo vissuto, alle persone che avevamo vicino. No, non è del tutto esatto. Timaniamo attaccati a quello che tutto ciò ci ha lasciato dentro, ovvero solo i bei ricordi. Col tempo tendiamo a idealizzare tutto, a dipingerlo di rosa e cancellare ogni cosa brutta. Anche i periodi peggiori non li ricordiamo come sono realmente stati, mentre tendiamo ad acuire i sentimenti positivi e i bei ricordi.
Il nostro passato ha costruito chi siamo ora, ci ha aiutato a crescere, per questo la tendenza che abbiamo è quello di mitizzarlo e, a un certo punto, subentra la paura di lasciarlo andare. Il rischio di dimenticare anche solo uno di quei mattoncini tanto preziosi ci blocca perché dimenticarlo significherebbe perdere un pezzo di noi, quello che quel mattoncino teneva in piedi.
Ma, come direbbe Lily Aldrin: "where's the poop?".
La merda è che mentre ci sollaziamo nei nostri ricordi e spolveriamo tutti i nostri bei mattoncini, il tempo scorre. Continuiamo a nutrire il nostro passato, rinunciando al nostro presente e affamando il nostro futuro.
Se se stessi cercando di vivere nel passato perché il mio presente non mi soddisfa?
Forse dovrei proprio togliere questa finta dubbiosità. Sono certa che è così.
E non perché non ci siano cose che mi fanno star bene, anzi. Il lavoro dona ottime soddisfazioni, quando se lo ricorda. E poi c'è lui, con cui ormai ho condiviso più di un terzo della mia vita e con cui spero di condividere tutta quella che continuerà ad esserci.
Ma il resto deficita. Non c'è più il tempo per sè, la voglia di rubarlo alle altre attività. Non c'è l'entusiasmo della scoperta, la follia della gioventù.
E poi, non diciamo cazzate e guardiamoci in faccia. Non c'è più lei.
Ma come si fa a tagliare questi fili macabri, allora? Anche in questo caso dottor-psicologo-consigliere Mr Google ci viene in aiuto con tante belle frasine infiocchettate.
Accetta il fatto che non puoi cambiare quello che è successo, eccetto il modo in cui lo vedi.
Concentrati su ciò che pensi e provi, elabora le tue emozioni.
Trascorri il tuo tempo con altre persone e sii grato agli amici che ti sostengono.
Affronta le tue paure e crea nuove abitudini.
Scrivi ciò che provi o dillo ad alta voce.
Fai un passo alla volta.
Ecco, questa mi piace. Un passo alla volta. O meglio un passo alla vodka?
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