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48 Giorni

48 Giorni. Da esattamente 48 giorni sono chiusa in casa
Alcuni hanno iniziato questa reclusione prima di me e hanno passato quota cinquanta, altri stanno già ricominciando a uscire (o non hanno mai smesso) per motivi di lavoro o altri casi straordinari. Nella complessità della nazione, comunque, da mediamente due mesi tutto si è bloccato.





Come dice una pubblicità di divani "Siamo fermi".
Giusto? Sbagliato? Siamo arrivati al punto di non poter definire più da quale parte della bilancia penda l'ago.

Questa clausura ci sta impoverendo.
Milioni di famiglie non sanno realisticamente per quanto potranno fare la spesa per la propria famiglia. Gli aiuti promessi non sono sempre così reali come si pensa, né così immediati. Non sono sufficienti. Potrebbero essere migliori? Potrebbero essere più veloci? Potrebbero essere più abbonandanti? Molti pensano di sì, ma è normale pensarlo quando sei dalla parte del bisogno, quando hai paura di non poter mettere il pane in tavola per i tuoi figli. Ed è straziante solo immaginarlo e non fare parte di questo numero deve farci capire quanto sia è fortunati.

Questa clausura ci sta stressando.
Lo stress ci sta mangiando vivi. Non quello che invochiamo scherzosamente quando qualcuno ci infastidisce, bensì quello reale che incide sui tuoi ormoni e sulle tue connessioni celebrali. Chi, come me, è in "smartworking" sta provando che poi tanto smart non si sta rivelando. Spazio-ufficio improvvisato con attrezzatura non sempre adeguata, orari sfumati che ti portano a lavorare quasi h24, call interminabili con una connessione di merda che ti fa ripetere la stessa frase venti volte, rabbia e frustrazione sfogate in mail che non avresti mai voluto ricevere (o inviare). Tutti poi abbiamo ormai dimenticato quella che era la nostra routine, che sapore ha la birra appena spillata, come suona la risata della nostra amica, che odore ha la pelle del nostro fidanzato. Abbiamo dovuto mettere il freno a mano alla nostra vista frenetica, da un giorno all'altro, senza preavviso. Il nostro corpo così come la nostra mente si ribella a tutto questo.

Questa clausura ci sta dando tempo.
Abbiamo riscoperto lo stare in famiglia, il prendersi una giornata per fare il pane (qualcuno con 20kg di lievito ha pure un po' esagerato eh). Giochiamo di nuovo, che sia Dixit o nomi-cose-città. Facciamo attività fisica, quanta forse mai ne abbiamo mai fatta in vita nostra (ho visto uno die miei colleghi scollare il culo dal divano e io pensavo che non ricordasse neanche come si cammina). Riusciamo a dedicare tempo ai libri che non avevamo mai tempo di leggere, a divorare il catalogo di tutte le piattaforme di streaming esistenti per recuperare tutte le nostre serie tv. Curiamo i nostri capelli con maschere e nuove tecniche che non avevamo mai tempo di sperimentare. Ci trasformiamo in Barbie Estetista e Barbie Parrucchiera. Guardiamo l'orologio e possiamo ancora fare cose.

Questa clausura ci sta salvando.
Ci protegge un nemico invisibile, il Covid-19, che ha mietuto un numero spaventoso di vittime. Accomunabile a un'influenza, in una percentuale non precisabile di casi (non potendo conoscere il reale numero dei contagiati dato che molti di essi sono addirittura asintomatici) causa polmonite e ti fa filare in terapia intensiva attaccato a un respiratore. Se c'è. Altrimenti no, provi a combattere aspettando che si liberi. E se i numeri da qualche parte (come, fortunatamente, nella mia zona) sono al momento nel limite dell'accettabile (per quanto di accettabile si possa parlare quando parliamo di vite umane spezzate, qualsiasi sia l'età del defunto) è proprio grazie a questa clausura che ha impedito ai contagi di crescre al punto da rendere impossibile dare aiuto a chi lo necessitava. 

Giusto o sbagliato?
Più sbagliato?
Più giusto?

Ad ogni decreto è lo stesso cocktail di emozioni, tra il desiderio che queste misure vengano eliminate e la paura che le stesse misure non siano abbastanza rigide. Solo il tempo potrà dirci se si sta facendo bene, se non bene almeno non male. La domanda "cosa farai quando tutto questo finirà?" non si sente quasi più, perché è chiaro qusi a tutti ormai che non si tornerà mai realmente come prima.

E tutto ciò fa paura. Tanta paura.
E tanta voglia di farsele ancora quelle domande.

A chi darai il primo abbraccio?
Dove andrai a mangiare per la prima volta?
Quale sarà il primo viaggio che farai?
Che film guarderai per primo al cinema?
A che concerto salterai?
Quando avverrà tutto questo?

Ma, la cosa che ci stiamo chiedendo tutti sul serio è... ci voleva proprio una pandemia per riportarmi di fronte a un foglio bianco? 


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