Ce l'abbiamo fatta! Finalmente è arrivato il momento che tutti aspettavano da quanto meno dieci mesi: l'ultimo giorno del 2020, eletto a pieni voti e all'unanimità come il peggior anno di sempre, come testimonia anche la copertina del Times... e pensare che ci sono state ben due guerre mondiali, eh!
Sì, forse tendiamo un po' ad enfatizzare i fatti, perché quando una cosa la vivi in prima persona è ben diverso da quando lo studi sui libri. Inoltre, la memoria umana tende ad amplificare quello che c'è vicino e sfumare i contorni di quello che è avvenuto in passato. E poi, un'altra cosa ancora ci ha "aiutato" a vivere male quest'anno: il lockdown e l'isolamento che ne è conseguito ci ha dato tutto il tempo necessario per soffermarci e metabolizzare tutte le orrende notizie che se fossimo stati nel pieno delle nostre vite magaru neanche ci avrebbero sfiorato, egoisti per natura come siamo...
Disastri naturali, terremoti improvvisi, moti sociali che hanno movimentato tutto il mondo contro il razzismo, importanti cambiamenti politici, un elenco infinito di morti illustri (solo per citarne alcuni e in puro ordine cronologico: Kobe Bryant, Ezio Bosso, Ennio Morricone, Eddie Van Halen, Sean Connery, Gigi Proietti, Stefano D'Orazio e Paolo Rossi)... che dimentinco? Ah, si! Un piccolo virus che tra prima, seconda ed n-sima ondata, in mezzo a negazionisti, antiMask, antiVax e antiComuneEticaEdIntelligenzaDiBase, ha cambiato del tutto il nostro modo di vivere.
Inutile nasconderci dietro a un dito. L'esperienza del Covid-19 ci ha tolto da sotto il culo la nostra comoda poltrona fatta di routine e normalità e ci ha buttato in mezzo ad un nevrotico caos. Un nevrotico caos fatto di decreti da rispettare che cambiano ad ogni uno per due e che stringono le maglie troppo o troppo poco, di "se ci fossi stato io al governo avrei...", di opinionisti che prendono la laurea in virologia su Facebook, di "signora si metta sta cazzo di mascherina", di aggiornamenti sulla curva alle 18 di ogni giorno, di "quando finisce tutto questo devo per forza fare...", di lavoro in remoto che un po' ci è piaciuto ma che ci ha anche distrutto, di "quando finisce tutto questo devo partire per...", di brufoletti in faccia e occhiali appannati dalla mascherina, di DAD che all'inizio pensavi fosse una nuova malattia, di "mi manchi, possiamo vederci anche solo da lontano?". Di discorsi che non vogliono farlo ma tornano sempre a parlare di una sola cosa: la pandemia e la speranza di uscirne.
Ed è strano che, anche oggi, io non volessi stare qui a raccontare il brutto di quest'anno ma mi è uscito dalle dita in maniera così spontanea che mi sono dovuta rimproverare da sola per smetterla. Perché di cose brutte ne abbiamo viste troppe, vissute troppe, ricordate troppe. Cose personali, intime, che si sono sommate in un anno mondialmente orribile e hanno pesato sulle spalle un po' di più...
Ma ci sono state anche cose belle... E allora mi sforzo, chiudo gli occhi e penso...
Agli ultimi viaggi che sono riuscita a fare, appena in tempo prima del lockdown. A uno dei Sanremo più interminabili e più divertenti degli ultimi tempi. A quella sera a Lucca in cui siamo tornate bambine. Alla scoperta che anche le riunioni su Zoom possono emozionarti tanto da piangere. Alla scoperta e decisione di iniziare il CGM e dedicare più tempo alla cura di me stessa. Alle soddisfazioni lavorative che sono arrivate proprio quando ero al limite di saturazione. Alla natura che ci siamo goduti un po' di più. Ai matrimoni che hanno trovuto il modo di compiersi. Ai rapporti che pensavi persi e che hanno una seconda possibilità.
E sì, soprattutto quest'anno, dobbiamo scegliere bene cosa ricordare. Che tanto a ricordarci del resto ci penseranno gli altri...
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