Il Giovedì pomeriggio è un giorno strano. Hai quattro giorni di lavoro alle spalle e uno solo che ti separa dalla libertà. Ti senti stanco ma anche felice. Sa un po' di venerdì ma non è proprio venerdì.
Ma che cacchio di intro è questa?
Sono la solita me, che per dire una cosa inizia a fare il giro largo. Il mio fidanzato me lo dice un giorno sì e uno anche. "Devi raccontarmi che ti sei spezzata un unghia e inizi da quella volta in cui tuo fratello è caduto dal balcone correndo ma non si è fatto niente. E a quell'epoca ancora non eri nata." ...OK, è vero. Sono logorroica e riesco a farmi trasportare dalle parole viaggiando da un racconto all'altro e da un argomento all'altro senza neanche riprendere fiato. Quando scrivo, questo avviene ancora più facilmente perché l'unica persona che può fermarmi sono io. Ed io non mi fermo.
Cosa? Ve ne siete accorti già da soli?
Arriviamo al dunque che è meglio.
Non so quanti di voi seguendo la pagina Facebook a cui è "abbinato" questo blog. Lì, ho pubblicato in passato alcuni miei racconti. "PseudoLibri" li chiamo perché non mi permetterei mai di chiamarli libri in piena regola. Ne avevo iniziato un altro. Ma oggi ho "annunciato" che non continuerò a farlo. Brevemente ho spiegato il motivo ma mi è venuta voglia di ripeterlo, lasciando che le parole andassero dove volevano e raccontando esattamente cosa è successo.
Gli altri racconti che ho scritto erano tutti vicini a me, due erano addirittura ispirati a storie realmente successe nella mia vita. Gli altri, pur parlando di episodi inventati erano vicini al mio mondo, erano storie di ragazzi universitari che avevano interessi e sentimenti come i miei. Quest'ultima storia, invece, era su un altro pianeta rispetto al mio. Se volete i primi capitoli sono ancora lì. Di accorge rete subito dell'enorme differenza tra me, ventiquattrenne lavoratrice con fidanzato lontano e sogni semplici, e Tommaso, adulto ma giovane di età non ben definita convivente disoccupato e con il grande sogno di una band di successo. Inoltre da un bel po' la mia vena letteraria, se così si può definire quella che ho avuto in questi anni, sembra essersi volatilizzata.
E allora perché iniziare? Perché, prevedendo l'interruzione?
Molto semplice.
Avevo bisogno che funzionasse.
Avevo bisogno di sbagliarmi.
Ma il tempo passava e io restano ferma incagliata allo stesso punto. Così iniziava a nascere l'idea di interromperlo e riprenderlo quando sarei stata pronta. Se lo ha fatto perfino Stephen King, chi sono io più di lui per riuscire a fare una cosa per cui non sono pronta? Il Re iniziò a scrivere The Dome vent'anni prima e lo fermò per ben due volte. Non era pronto. La storia non era matura. Il risultato non lo soddisfaceva. La sua conoscenza di quello di cui voleva scrivere era troppo limitata. Allora ha preso la scelta più giusta. Fermarsi. Mettere da parte quella storia, lasciando il frutto sull'albero in attesa che maturasse. Dedicarsi ad altro, a crescere il tanto necessario per riprenderla in mano. Se la storia vale, tornerà su, la si riprenderà al momento adatto e il risultato sarà cento volte migliore di quanto sarebbe stato scrivendola nel momento sbagliato.
Forse se lo avessi scritto "in privato", come avevo fatto con gli altri, avrei trovato prima il coraggio di cedere a questa verità. Pubblicarlo in fase di scrittura è stato un errore da principiante. Un libro ha bisogno di essere scritto in silenzio, solo tu e i tuoi personaggi.
Errore salvato nel database. Etichetta: grave, da non prendere neanche in considerazione.
Oggi ho trovato la forza di chiuderlo. Ed è stata una cosa strana.
Ero in pausa pranzo e parlavo con un mio collega, quando iniziamo a parlare di blogging. Mi fa leggere qualche articolo del suo blog e lo trovo davvero spassoso, il tipo di sarcasmo e satira che piace a me. Lui scrive per lavoro ma sul blog per passione. Da lì mi è sorta una domanda spontanea e l'ho rivolta a lui nel modo più naturale possibile. "Ma non ti viene mai il blocco? Che sei lì che dentro senti che devi scrivere ma non ci riesci?". La sua risposta mi ha spiazzato. "No" mina detto, secco e schietto, con un mezzo sorriso ed è tornato a tuffarsi nelle sue e-mail. Ha alzato lo sguardo e, probabilmente vedendo la mia faccia stralunata, ha deciso di aggiungere una spiegazione. "Secondo me il blocco non esiste. Quando vuoi scrivere, scrivi. Se non riesci significa che non scrivi della cosa giusta, di quello che ti ha acceso la scintilla. Vedi i miei post? Non sono regolari, ma chi se ne frega. Quando ho la scintilla, mi siedo e scrivo di quello. Se ti obblighi a scrivere di qualcosa viene fuori una merda.". Poi è tornato a scrivere e-mail.
Ed eccomi qui, a dimostrare la sua teoria. Non riusciva scrivere. Poi ...BOOM! Scrivi la prima parola del giusto argomento e non ti fermi più.
...o almeno fin quando l'infermiera non ti dice che è il tuo turno di entrare!
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