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Sotto pelle, vicino al cuore.

Interi mesi trascorsi senza riuscire a parlare davvero.
E anche adesso so che non lo farò del tutto. Che non potrò farlo.
Forse è proprio questo che ha amplificato il senso di oppressione e inadeguatezza. O forse è aver conosciuto la libertà assaggiata in passato che mi manca.

Una persona che, non si sa come né perché, riesce a tirar fuori tutto quello che nessuno è mai riuscito a farti dire.
Che in un momento in cui nessuno riusciva a starti vicino ti è entrato dentro, a cui ti sei aggrappata come il galleggiante che ti era stato strappato via tempo fa, in un abbraccio disperato come quelli dei quadri di Schiele.
Che ti ha fatto sentire allo stesso tempo svuotata e protetta, in una bolla di vetro.
Che è esplosa. Che fai finta ci sia ancora. Ma che non esiste più.

Ti sei rimboccata le maniche e hai tratto il meglio da quello che hai passato, di nuovo.
Ne sei uscita più forte, un leone come non ti eri mai senta. Un po' più grande, un po' più tua.

Ma poi ci hai sbattuto di nuovo il muso. Sei crollata nella tua inettitudine e solitudine.
E hai bisogno di un altro di quegli abbracci, tanto stretti da fare male allo stomaco.
Un altro di quegli abbracci che non esistono più.
Che provi a strappare, ma ti sfuggono tra le dita.
E senti le schegge di quel vetro conficcarsi proprio lì.
Sotto pelle, vicino al cuore.



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